Perché dire no al Jobs Act

Perché dire no al Jobs Act

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Domani in Consiglio Comunale a Reggio Emilia saremo chiamati a votare un odg proposto dal mio gruppo dove ci esprimiamo sulla riforma del mercato del lavoro, il “Jobs Act”.
Domani voterò e interverrò in aula in contrapposizione al mio gruppo e trovo doveroso spiegarvi il perché. 
L’efficacia della riforma sarà misurata in termini di riduzione della precarietà. Un risultato non scontato, su cui a mio avviso pesano alcuni errori d’impostazione.
​Faccio mie le valutazioni, dopo aver studiato le tesi degli economisti ​de La Voce, non isolati marxisti contrari al libero mercato ma economisti dell’Università di Milano capitanati da Tito Boeri.
Dal primo marzo 2015 il contratto a tempo indeterminato per i nuovi assunti non è più regolato dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Il licenziamento per motivi economici sarà regolato da un indennizzo monetario anche quando l’interruzione di lavoro avverrà senza giusta causa. La reintegra resisterà soltanto per alcune fattispecie di licenziamenti disciplinari. E ovviamente per i licenziamenti discriminatori.
Dobbiamo ora aspettarci un aumento dell’occupazione?
Su questo punto dobbiamo prestare molta attenzione, anche perché il Governo sta facendo un po’ di confusione e un po’ di propaganda. Di fianco al contratto unico, la Legge di stabilità approvata a fine 2014 ha introdotto un beneficio fiscale per le nuove assunzioni a tempo indeterminato. È una riduzione di tasse per chi assume a tempo indeterminato che può raggiungere i 24mila euro su tre anni.  Se nei prossimi mesi osserveremo un aumento degli occupati, non dobbiamo pensare che sarà necessariamente dovuto al nuovo contratto. Molto probabilmente sarà dovuto al beneficio fiscale.
Che effetti dovremmo quindi aspettarci dal nuovo contratto?
Rendendo più facili le interruzioni di lavoro, implicherà ovviamente un aumento dei licenziamenti. Nella riforma vi sono peraltro degli errori di architettura. Il Governo nel maggio 2014 attraverso il decreto Poletti ha liberalizzato i contratti a termine. Pensiamo a cosa succederà quando il beneficio fiscale della Legge di stabilità verrà meno.
Non si tratta di un’ipotesi accademica perché il rischio che il bonus fiscale non sia sostenibile per le nostre finanze pubbliche è molto concreto. In Italia è ora possibile assumere a termine senza causa scritta e rinnovare per cinque volte il contratto nell’arco di tre anni. Nulla vieterà a un’impresa di offrire il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti soltanto dopo tre anni di contratto a termine. Tenendo conto che nei primi due anni l’indennizzo è decisamente modesto, in queste condizioni si rischia di rendere precario un nuovo assunto per almeno cinque anni. Ciò significa che una volta esaurito il beneficio fiscale, la precarietà potrebbe anche aumentare. Una situazione paradossale.
​Alternative al Jobs Act? Esistono.
​Con il Job Italia​, proposta di​ Luca Ricolfi ​del Sole 24 ore, avvallata dai sindacati ai tavoli di contrattazione , si potrebbe incrementare del 40% l’occupazione addizionale, più precisamente: alle imprese che aumentano l’occupazione bisognerebbe permettere di usare, limitatamente ai posti di lavoro aggiuntivi e per un massimo di 4 anni, uno speciale contratto con il quale il lavoratore riceve in busta paga l’80% del costo aziendale (anziché il 50% come oggi), mentre il restante 20% affluisce allo Stato, sotto forma di Irpef e di contributi sociali. Una proposta sostenibile anche in termini di finanza pubblica.
Domani in Consiglio Comunale
La mozione ha anche delle indicazioni positive che condivido: chiede ad esempio di fare una campagna di informazione con le aziende e associazioni sulle nuove opportunità del Jobs Act.
Le valutazione sulle leggi economiche di solito si fanno a posteriori dopo almeno sei mesi o un anno, ora è troppo presto. Prima di spenderci così in avanti dobbiamo prima soffermarci a pensare con oggettività se questa riforma è realmente quello di cui abbiamo bisogno. Dai territori meglio concentrarci sul proporre al Governo misure correttive alla riforma.
In Italia c’è bisogno di una seria ​ redistribuzione del reddito e della ricchezza ​, siamo una delle economie progredite ma più diseguali d’Europa, ​le grandi ricchezze potrebbe finanziare un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile​.
Per questi motivi di merito, voterò e interverrò contro alla mozione proposta dal mio gruppo domani in Sala del Tricolore. La farò con sofferenza ma voglio e devo rimanere coerente con tutti i lavoratori precari miei coetanei: non è abbassando le tutele che si crea lavoro, il problema in Italia non è come licenziare ma come assumere i lavoratori.

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