Il patto di (in)stabilità colpisce il Nord

Il patto di (in)stabilità colpisce il Nord

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Le Regioni a statuto ordinario del Nord danno oltre 100 miliardi di euro all’anno come contributo di solidarietà al resto del Paese, in base ai dettami del Patto di Stabilità.
L’Emilia Romagna ha un residuo fiscale di 17,8 miliardi, questo vuol dire che per ogni cittadino emiliano-romagnolo (neonati e ultracentenari compresi) dà in solidarietà al resto del Paese 4.076 euro. Questo emerge dall’ultima ricerca su regioni e fisco della CGIA di Mestre.
Sia chiaro che sono d’accordo che le Regioni più ricche debbano aiutare quelle più in difficoltà, non scadiamo in sentimenti da federalismo spiccio stile Lega Nord. Il principio della solidarietà non deve essere messo in discussione. Da circa 10 anni però lo stato centrale prosegue una politica di taglia lineari su Comuni, Province e Regioni che porta le amministrazioni a aumentare le tasse o abbassare il livello dei servizi come scuola, sanità, trasporto pubblico…
Una azione concreta che può fare il Governo Renzi subito è rivedere per le regioni virtuose il subdolo meccanismo del patto di stabilità.
COS’E’ IL PATTO DI STABILITA’?
Il Patto di Stabilità Interno è l’accordo forte che lo Stato Italiano ha assunto con l’Europa in base al quale anche i Comuni devono contribuire alla riduzione del debito pubblico nazionale. Il Patto di stabilità, in sostanza, impone un limite tassativo nei pagamenti, soprattutto per quanto riguarda i lavori pubblici. Molti comuni paradossalmente, hanno i soldi per finanziare nuove opere, ma di fatto, non possono farlo in quanto, successivamente, non potrebbe pagarle per rispettare quel limite dettato dal patto di stabilità.  Questo sistema restringe l’autonomia del Comune impedendogli sia di realizzare nuove opere pubbliche, sia di effettuare interventi di manutenzione straordinaria e di rigenerazione che alcune infrastrutture richiedono e che darebbero lavoro alle imprese del territorio.
 

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