Negata la discussione sulla tariffa rifiuti

In un momento così difficile per l’economia delle famiglie reggiane, il Sindaco, Giunta e Iren hanno chiesto il pagamento anticipato di tre mesi di tariffa rifiuti. Qualche giorno fa c’è stata la marcia indietro di Iren che ha dato la possibilità di saldare senza more il pagamento della tariffa entro il 30 giugno.

Ci sono tanti nodi non risolti della vicenda, per questo abbiamo presentato in consiglio comunale con Coalizione Civica questo documento urgente per risolvere il fattaccio della tariffa rifiuti anticipata di 3 mesi, cosa chiediamo?

1️⃣ Sindaco e Giunta devono modificare le date della riscossione della tariffa rifiuti al 30 giugno e della seconda rata al 2 dicembre. Ovvero le date classiche di riscossione della TARI. Le date che hanno mantenuto ad esempio i vicini comuni di Rubiera, Scandiano e Campagnola non hanno autorizzato l’azienda IREN ad anticipare la rata del servizio rifiuti. Questo con valenza per il 2023 per la seconda rata e dal 2024 in avanti per entrambe le rate.

2️⃣ A convocare i responsabili di IREN in una commissione pubblica per capire il perché la data di fatturazione al 21/02/2023 era già uscita due giorni prima che sindaco e assessori decidessero cosa fare.

3️⃣ A inserire la buona pratica che ogni qual volta la giunta approvi nuove scadenze per riscossione di tasse e tributi ci debba essere un passaggio pubblico di informazione.

Il documento non è stato ammesso alla discussione da PD e alleati perchè ritenuta una discussione non urgente (non scherzo)… abbiamo però deciso di ripresentarlo e sarà per regolamento discusso entro qualche settimana.

Ricordo a tutti che lo scorso anno il consiglio comunale (noi votammo contro) decise di esternalizzare la gestione della riscossione della tariffa rifiuti a IREN, quando di un servizio pubblico perdi la gestione perdi anche il controllo.

Il mio intervento in consiglio comunale a Reggio Emilia

Il Giorno del Ricordo e le strumentalizzazioni della politica sulle foibe

In questo momento si sta svolgendo il Viaggio della Memoria di Istoreco, che in cinque settimane porterà circa mille e cinquecento studenti a Praga e Terezin, prolungando un’esperienza ormai ventennale che ha permesso a generazioni di reggiani di visitare i luoghi dei più vasti genocidi e stermini di massa del ‘900. Tragedie immani. E da questo vorrei partire: nessuno deve permettersi di negare una tragedia, e nemmeno di sminuirla.

Le migliaia di vittime italiane delle Foibe che oggi commemoriamo hanno il diritto a una corretta memoria, ed è giusto e doveroso ricordare la loro tragica fine, avvenuta senza particolari colpe se non far parte della comunità italiana in Istria, Dalmazia e Giulia.

Questo aspetto umano, inscalfibile, non deve però allontanarci dalla verità storica, dalle ricostruzioni che per decenni tanti studiosi hanno portato avanti per inquadrare quanto avvenuto nel contesto europeo del periodo. Un contesto in cui va ricordato il ruolo dell’Italia. È surreale doverlo fare, ma a quanto pare necessario. Quella era l’Italia del fascismo arrivato al potere con le violenze, gli assassini, l’olio di ricino, era l’Italia di Mussolini principale alleato di Hitler e del nazismo, era l’Italia dell’imperialismo africano condito di stragi di massa, era l’Italia che nel 1938 non si era fatta molti problemi ad approvare le leggi razziali. Una parte di quell’Italia, dopo l’8 settembre 1943, ha continuato a sostenere Mussolini e Hitler, ha commesso atrocità nella guerra civile, ha collaborato alla cattura e alla deportazione di ebrei italiani. Anche a Reggio, sottolineo: gli ebrei della nostra città vennero catturati da italiani e inviati ad Auschwitz, uccisi al loro arrivo a Birkenau, dopo un viaggio orribile nello stesso treno in cui era caricato Primo Levi.

Ed era l’Italia che aveva voluto espandersi a Est, nel cosiddetto confine orientale, in terre dove da secoli convivevano comunità e culture diverse, spingendo tantissime famiglie a migrare alla ricerca di lavoro e opportunità.

Se non ricordiamo questo quadro, e tutte le complessità di una terra sempre di confine come quella del Carso, non possiamo ragionare correttamente e ad ampio stretto sulla tragedia delle Foibe, che tragedia rimane. Le mistificazioni, le narrazioni artefatte a posteriori, la creazione di “miti” attuata da una certa politica nei decenni, miti senza solide basi storiche, hanno puntato a creare una versione dei fatti decisamente parziale. E che non rende onore alla morte di migliaia di italiani incolpevoli.

D’altronde, è una creazione di quella politica che anche a Reggio non ha mai nascosto nostalgie per quel periodo, che vede come faro quell’Almirante grande sostenitore delle leggi razziali contro gli ebrei. Quella politica che a Reggio ha avuto esponenti coinvolti nelle peggiori trame del dopoguerra.

Cosa c’entra questo con le foibe? Sarà la scontata replica. C’entra eccome, senza la volontà di operare con chiarezza e rispetto della storia, anche questa giornata dedicata a migliaia di persone uccise rimarrà un momento di parte, capace solo di dividere, e di creare altre ferite e lacerazioni.

Sarebbe invece necessario ripartire dalle fonti, dalle ricerche, dalla doverosa differenza fra storia e memoria individuale, legittima, umana, ma che non può sovrastare, appunto la realtà storica. E con queste basi studiare, porsi domande, cercare di chiarirsi dubbi senza prendere verità aprioristiche come oro colato.

Il rischio, altrimenti, è di continuare ad alimentare falsi miti, ricostruzioni parziali, manipolazioni. La foto di fucilazioni che viene spesso usata per ricordare le foibe è quella di un’esecuzione di partigiani sloveni da parti di soldati fascisti. Qualcuno tende a scordarlo, questo errore. Qualcuno sempre pronto a far polemica sulla vicenda.

Un eccellente lavoro di verità è quello da sempre portato avanti dall’Istituto storico del Friuli Venezia Giulia, che ha permesso di cancellare tante false verità.

Loška Dolina, Slovenia meridionale, il 31 luglio 1942. Soldati italiani fucilano Franc Žnidaršič, Janez Kranjc, Franc Škerbec, Feliks Žnidaršič ed Edvard Škerbec, cinque abitanti del villaggio di Dane presi in ostaggio qualche giorno prima. Nell’Italia degli ultimi anni, un’interpretazione frettolosa e “capovolta” di questa foto ne ha innescato la proliferazione virale in rete e sui giornali, sino a farne l’illustrazione per eccellenza di articoli sulle foibe e le vittime italiane della “violenza slava”. (Raccolta fotografica del Muzej novejše zgodovine Slovenije (Museo nazionale di storia contemporanea a Lubiana)

È necessario coltivare questi strumenti di verità, questi anticorpi contro la menzogna storica. Se ciò non accade, ci si ritrova con l’equiparazione fra nazismo e comunismo approvata dal Parlamento Europeo, ennesima strumentalizzazione forzata.

Per tornare a Reggio, senza anticorpi e attenzione, ci si ritrova con un consiglio comunale che sceglie di votare la possibile titolazione di una via a Norma Cossetto senza reali basi e documenti storici.

Per questo, per combattere questo rischio di deriva sempre più forte, sempre più animato da una nostalgia nera che non si nasconde più, iniziative di divulgazione storica sono fondamentali. Così come è prezioso sostenere il lavoro delle scuole, delle associazioni della memoria e degli istituti storici e il loro lavoro contro le illusioni. Nella Reggio Emilia che abbiamo in mente ci sarà un sostegno reale a queste realtà, aprendo non solo oggi ma tutto l’anno le porte di Sala del Tricolore a iniziative come questa.

Perché, come ammoniva Gramsci, “L’illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari”. Noi non vogliamo smettere di essere scolari.

La Consulta Legalità di Reggio Emilia si è riunita 6 volte in 4 anni

La Consulta della legalità del comune di Reggio Emilia si è riunita 6 volte dal 2018 al 2021, neanche 2 volte l’anno.
La Consulta è la sede permanente di confronto sui temi del contrasto alla criminalità organizzata e della promozione alla cultura della legalità. Il sindaco Luca Vecchi dice che va tutto bene, per noi no.


Vi scrivo qualche dettaglio in più. Nel 2021 la commissione dei consiglieri sulla legalità non si è riunita neanche una volta per discutere di criminalità organizzata, tanto è vero che abbiamo dovuto richiedere ufficialmente come consiglieri e finalmente il 24 Febbraio incontreremo finalmente il Dott. Elia Minari con una seduta pubblica aperta a tutti.

Nel 2020 la Regione ha supportato progetti per la legalità per 1,6 milioni di euro. Di questi solo 61.000 Euro sono atterrati a Reggio Emilia, a differenza di Parma 144.200€, Bologna 147.050€ e Modena 279.000€. Il Comune a Bilancio non ha messo ulteriori e significative risorse proprie sul tema della cultura della legalità per sviluppare progetti antimafia.

Al Segretario Comunale Gandellini, che ha nel suo mandato l’anticorruzione e l’analisi della legalità di tutti gli atti prodotti dal Comune, un tema importante considerando anche le varie inchieste, viene votato dal PD e alleati l’okay per gestire anche la segreteria generale del Comune di Correggio (terzo comune del territorio). Così da avere ancora meno tempo per esercitare le funzioni di controllo che invece servirebbero al nostro Ente.  

Ai consiglieri comunali non è stato fatta nessuna formazione sui temi dell’anticorruzione e legalità come invece è prassi nel Comune da Reggio Emilia da sempre, i consiglieri alla prima legislatura non hanno avuto in pratica gli strumenti per gestire e muoversi su questo importante tema.

Siamo nel 2022, la legislatura finirà nel 2024. A oltre metà del mandato siamo ancora agli abbozzi di progetti e al “faremo” e “vedremo”, con qualche progetto buttato a spot per occupare le colonne della stampa e dare alla cittadinanza. Questo dovrebbe essere invece il momento in cui si tirano le fila e si valuta l’operato di metà progetto. Invece abbiamo ancora abbozzi di progetti e la geniale idea di restringere la consulta della legalità “cabina di regia” per farla funzionare meglio.

Ieri abbiamo discusso in consiglio comunale una interpellanza scritta con Sinistra Italiana e associazioni antimafia del territorio depositata a settembre 2021 che chiedeva conto del funzionamento della consulta, ci hanno risposto il 14 Febbraio 2022. A oltre sei mesi di distanza, un lassismo ingiustificato per un tema così importante come quello della lotta alla mafia. Il Sindaco Luca Vecchi leggiamo che ci risponde sui giornali ma non era neanche presente in aula, ambiente che poco frequente in questo suo secondo mandato, è infatti il secondo più assenteista in aula, ha solo qualche presenza in più di Gianluca Vinci per intenderci.

Abbiamo proposto all’assessore Tria da circa un anno di lavorare meglio e congiuntamente tra tutti i gruppi con la trasformazione della consulta in un osservatorio dove oltre alla plenaria (che dovrà redigere verbali del lavoro visibili da tutti) si aggiunge il centro di documentazione e ricerca, iniziative pubbliche del Comune da svolgere ogni mese (come lavorava l’assessora Maramotti per chi si ricorda), lo sportello legalità con orari di apertura fissi e non a spot come ora. L’osservatorio ci darebbe la possibilità come Bologna, Forlì, Rimini e Parma di lavorare meglio e intercettare i fondi degli obiettivi previsti dall’art. 7, legge regionale dell’Emilia Romagna n. 18/2016.


Il rapporto della Banca d’Italia ci dice che tra le province del centro-nord Italia con imprese “potenzialmente connesse a contesti di criminalità organizzata” Reggio Emilia è quarta in Italia dopo Roma, Milano e Brescia.
Il pubblico magistrato Lucia Musti alla recente apertura dell’anno giudiziario ha detto chiaramente che “è il caso di evidenziare che il Distretto dell’Emilia-Romagna è – a buon titolo – un Distretto di mafia, in quanto la Direzione distrettuale antimafia istruisce “maxi indagini” e si celebrano maxi processi”

Il Comune di Brescello è stato sciolto per condizionamento dell’ndrangheta nel 2017, il sindaco era Marcello Coffrini eletto grazie ai voti del PD. Nel mezzo sono passati 5 anni, ci sono stati processi, la stampa ha svolto egregiamente il suo ruolo e il territorio ha dato il via a diverse iniziative di monitoraggio e diffusione della cultura della legalità.

Possibile che invece dalla politica che ci amministra siamo ancora al clima del “parliamone il meno possibile” e senza una chiara direzione su come affrontare il tema e nel farlo coinvolgendo il territorio, lavorando davvero come comunità. Viene da chiedersi, di cosa hanno timore e perché lavorano così male su questo tema? 

La lotta alla criminalità organizzata è un dovere di qualsiasi membro delle istituzioni come dei singoli cittadini, dove le due figure non possono e non devono lasciarsi soli nella lotta a vicenda. La vittoria della mafia è una sconfitta di tutti noi, e in questa battaglia non esistono campi intermedi.


Corsi di rieducazione ai gay e ingerenze nella politica. Addio Camisasca

Uno sproloquio di convenevoli dalla politica locale ma è bene ricordare senza ipocrisie chi è e cosa ha fatto il Vesccovo Camisasca qui a Reggio Emilia: dai corsi per la rieducazione degli omosessuali alle ingerenze in Comune.


In tutti questi anni non è mai esistita una reale apertura, se non a senso unico dal vescovo, dove le persone dovevano ascoltare lui e mai il contrario. Ad esempio Camisasca non hai MAI incontrato le associazioni LGBTQIA del territorio anche se più volte c’è stata una richiesta di dialogo e ascolto e se le statistiche non ingannano ci sono omosessuali anche dentro la diocesi reggiana.

Visione che nel dialogo non aveva tracce, visione che aveva portato a Reggio Courage, difendendola realtà che voleva trattare e “guarire rieducando” le persone LGBTQIA* attraverso gli stessi step degli alcolisti anonimi, e che non gli dispiaceva nemmeno troppo essere intervistato o essere accostato ai loghi di PROVITA E FAMIGLIA, organizzatori del Family Day e principali lobbisti della peggior destra nazionale e internazionale.

Ricorderò sempre quando don Paolo Cugini, dal vescovo allontanato dalla parrocchia di Regina Pacis con un processo canonico per il suo servizio di reale apertura alla comunità LGBTQIA*, organizzò la veglia contro l’omobitransfobia e ci ritrovammo il Vescovo a parlare di castità, famiglia tradizionale e molte altre amenità come dimenticando chi il pastore aveva davanti e quanta sofferenza stessero portando quelle parole da lui pronunciate alle persone che aveva di fronte.

Di dialogo si può parlare quando si costruiscono ponti, non quando propagandano la fantomatica teoria gender, che sappiamo ormai tutti non esistere se non nella testa di quelle correnti cattoliche più integraliste, a cui il caro monsignore appartiene e rivendica con orgoglio.

Mai come in questi anni il peso della Diocesi ha influenzato la politica, anche in Comune, per chi chiaramente si lascia influenzare. Alcuni esempi: Fondi maggiorati alle scuole cattoliche della FISM rispetto a quelle comunali, super accordo sul seminario (la diocesi non mette 1 euro e porta a casa milioni) e poi magicamente a ogni tavolo del Comune c’è Camisasca, scrivendo addirittutra lettere ai consiglieri dicendo come gestire la città. Si può dire che è stato assai costoso l’appoggio al PD del Signor Vescovo alle ultime elezioni (quelle del ballottaggio con Roberto Salati per intenderci).


Al di là delle mie considerazioni personali di fine mandato del Vescovo penso che a parlare debba essere proprio Massimo Camisasca, ho deciso quindi di riportare queste interviste e parole usate da chi in tutti questi anni non ha mai ascoltato nessun rappresentante delle comunità femminista o LGBTQIA*, e anzi allontanava dalla città e dalla comunità locale chi andava contro la sua visione.

  • “In Italia la Cei si è opposta alle unioni civili perché i diritti della persona erano già riconosciuti e perché troppo forte era il rischio che una legge sulle unioni civili indebolisse l’istituto del matrimonio già fortemente in crisi”. Parole del Vescovo Camisasca sulle famiglie arcobaleno, rispetto all’apertura di Papa Francesco.
  • “La banalizzazione della sessualità ha portato alla banalizzazione dell’aborto, presentato all’opinione pubblica come un diritto e non come un dramma”.
    Parole del Vescovo Camisasca sulla pillola ru486.
  • “I genitori sono un padre e una madre, non due padri o due madri. Se accettassimo questo andremmo contro tutta la saggezza di tante correnti di studi psicologici raccolte in molte tradizioni tra cui quella cristiana. L’ideale della castità deve essere proposto non perché sia un ideale facile ma perché è possibile e può aiutare la vita affettiva a sperimentare un’integrazione tra gli orientamenti sessuali e la propria vita intellettuale e spirituale”.
    Parole del Vescovo Camisasca sulla condizione delle persone LGBTQIA* vedendo come soluzione all’amore omosessuale, la castità.

Sia chiaro, Camisasca è un vescovo che porta avanti la visione della CEI, ma ricordo che non lontano da questa città, a Bologna, Il Monsignor Matteo Maria Zuppi tiene modi e percorsi di ascolto, integrazione e amore verso le persone, ben diversi da quelli che considerano gli omosessuali persone da guarire con i corsi di Courage.

Se il pensiero di visione del mondo non ci accumuna voglio però umanamente cogliere l’occasione per fare gli auguri pubblici di una serena a meritata pensione a Massimo Camisasca.

Una casa arcobaleno per Reggio Emilia

Aiuta Arcigay Gioconda Reggio Emilia a realizzare una casa per accogliere le persone LGBTI vittima di violenza e omofobia per l’Emilia-Romagna e Italia. Vogliamo creare un luogo accogliente e sicuro per permettere alle persone in difficoltà di riprendersi e costruirsi un nuovo percorso di vita. Dal dormire, al mangiare fino al supporto psicologico e alla ricerca attiva del lavoro.

Supporta la creazione della casa arcobaleno a Reggio Emilia, dona ora su www.ideaginger.it

I numeri sono chiari: 179 vittime di omofobia dall’inizio dell’anno e stiamo parlando solo di quelle persone gay, lesbiche e trans che hanno avuto il coraggio di denunciare. Tantissime persone invece rimangono nell’ombra e senza nessuna rete di protezione, pensiamo agli adolescenti che vengono cacciati di casa perché hanno fatto coming out.  

Solo a Reggio Emilia quest’anno sono state una ventina le persone che si sono rivolte ad Arcigay perché vittime di discriminazioni per il proprio orientamento sessuale e i numeri non fanno che salire in breve tempo.  

Molti di questi casi non vengono neppure denunciati a cui va ad aggiungersi la mancanza di strumenti e leggi in questo senso.  

Durante il lockdown, in particolare, gli SOS giunti ad Arcigay sono stati tantissimi: si tratta di persone che nelle proprie abitazioni, in famiglia, sono state vittima di prevaricazioni o intimidazioni per il fatto di essere gay, lesbiche o trans. 

Abbiamo ora la possibilità di aprire un appartamento per accogliere fino a 4 persone vittime di omotransbifobia, con già molte persone che si interfacciano per chiedere un aiuto.  

Occorre però rimboccarsi le maniche! Dobbiamo ristrutturare e arredare gli spazi e garantire la continuità del progetto per il primo anno di vita

Aiuta Arcigay Gioconda a realizzare una casa per accogliere le persone LGBTI vittima di violenza e omofobia per l’Emilia-Romagna e Italia. In questo video io e Alberto Nicolini, presidente Arcigay Gioconda, vi spieghiamo nel dettaglio cosa vogliamo fare e perchè. DONA ORA.

COSA FAREMO GRAZIE AL TUO AIUTO  

I costi per realizzare e mantenere la Casa Arcobaleno sono alti, grazie al tuo aiuto riusciremo a:  

  • ristrutturare gli spazi e comprare la pittura 1.800€  
  • comprare una cucina, un bagno e l’arredamento per la casa 4.200€  
  • pagare le bollette di luce e gas e internet 2.400€  
  • fare la spesa per gli ospiti della Casa Arcobaleno 1.600€    

ATTIVATI PER CASARCOBALENO. IL TUO SUPPORTO CONTA 

DONA. Un piccolo sforzo per aiutare Casa Arcobaleno a rimanere aperta.  Arcigay “Gioconda” Reggio Emilia, è un’associazione che da oltre vent’anni opera sul territorio reggiano, lottando contro la discriminazione e il pregiudizio verso le persone LGBTQIA* e migranti, promuovendo occasioni di socializzazione e incontro attraverso i nostri gruppi. 

I nostri progetti includono la lotta contro l’odio omolesbobitransfobico, contro il bullismo sotto le sue diverse forme, l’aiuto e l’accompagnamento di tutte le persone in difficoltà che si rivolgono a noi. 

Il logo della Casa Arcobaleno di Reggio Emilia, che puoi sostenere ora

DDL Zan: “Senza la legge a vincere sono violenza, l’odio e l’ignoranza”

Stop al ddl Zan contro l’omotransfobia: in Senato salta l’esame degli articoli e degli emendamenti del disegno di legge, per cui l’iter della legge si blocca. L’aula di Palazzo Madama ha votato la cosiddetta ‘tagliola’, chiesta da Lega e Fratelli d’Italia. A favore, 154 senatori, 131 i contrari e due astenuti. La votazione, avvenuta a scrutinio segreto, è stata accolta da un applauso.

La legge contro l’omotransfobia è dal 1990 che, sotto diversi nomi, ogni volta veniva cassata o abbandonata per mancanza di coraggio, arrivando a oggi dove, dopo oltre un anno di lavoro e fatica, anche questa speranza è stata abbandonata dalla politica di palazzo.

Abbandonate non sono solo le speranze delle associazioni, dei comitati, dei gruppi che da mesi stanno cercando di allontanare le falsità della destra e dei loro alleati, ma così facendo la politica ha abbandonato milioni di persone vittime di violenza e odio.

E’ inutile che si devii l’attenzione volendo parlare di pensiero unico, dittatura gender, pericolo verso i bambini e le famiglie quando per mesi si è continuato a ripetere che nulla di tutto questo non solo è scritto nella legge ma neanche esiste” scrive il consigliere De Lucia di Coalizione Civica “per mesi, anzi anni, abbiamo sotto gli occhi cos’è davvero che la legge andava a contrastare e ha solo un nome: l’odio verso gay, donne e disabili.

Non ci sono bastati tutti gli accaduti degli scorsi mesi? Non ci sono bastati tutti i giorni vedere e sentire testimonianze di persone di ogni età venire aggredite, insultate, schernite e attaccate in vacanza, sul lavoro, a casa, a scuola, nei momenti più personali?” continua il consigliere “ma i senatori e tutta la classe politica davanti a queste testimonianze e dopo il voto di oggi come si sente? Come si sente ad aver abbandonato tutte queste persone? Come si sente chi anche nella maggioranza, in particolare chi come Il senatore cattodem del PD Andrea Marcucci che da mesi seguiva l’indirizzo di Italia Viva e Forza Italia per ottenere una mediazione con chi ancora sostiene che l’essere una persona LGBTQIA* sia una persona malata?”

“Viene a chiedersi come si sono comportati i senatori eletti a Reggio Emilia con il voto segreto, per chiarezza ai propri elettori e territorio andrebbe chiarito.”

“In Italia non si riescono a fare leggi complete e sicure. Pensiamo alle unioni civili dove la stepchild adoption, che tutela i bambini delle famiglie arcobaleno, prima confermata, poi tolta, poi ci hanno detto che arrivava in un secondo momento. Ne avete notizie voi? Sono passati 5 anni.”

“Pensiamo alla legge 164 per le persone transgender quasi completamente immutata dagli anni ’80, ancora ferma e che mal risponde al percorso di vita e affermazione di genere alle persone non cisgender. Pensiamo alla legge Regionale contro l’omotransfobia, che sembrava ormai essere persa a causa degli emendamenti presentati dai cattodem (firmata tra le altre da Ottavia Soncini) poi salvata all’ultimo con una mediazione.”

Un grazie al parlamentare Alessandro Zan che è stato nostro ospite in Sala del Tricolore nel 2020 e per chiunque in tutto questo tempo ha lottato, e continua e continuerà a lottare per questa battaglia come per molte altre.

First Aid One: depositata interrogazione per chiedere il ritiro dell’appalto

Fa ancora discutere in consiglio comunale il caso della società di Pesaro First Aid One che l’anno scorso vinse l’appalto per il servizio di trasporto di Asp Città delle Persone. Le vicende giudiziarie della società di trasporti sono tornate alla luce nazionale dopo che, il 18 ottobre, la Guardia di Finanza ha arrestato quattro persone, all’interno di una operazione relativa a presunti appalti truccati, effettuando anche sequestri e perquisizioni in diverse regioni italiane. Le indagini hanno portato al sequestro di beni per un importo di circa 200 mila euro, tra cui disponibilità finanziarie, fabbricati, terreni ed autoveicoli.

“La cooperativa – scrive la Guardia di Finanza- agiva tramite prestanomi, al fine di occultare la costante presenza ed effettiva direzione aziendale da parte di uno degli indagati già condannato in via definitiva nel 2017 per turbata libertà degli incanti, ed aveva escogitato un metodo infallibile per aggiudicarsi tutti gli appalti a cui partecipava: proporre prezzi talmente bassi che talvolta superavano il limite della anti-economicità e assicurare, solo formalmente, una folta flotta di mezzi. Peccato però che i bassi prezzi erano ottenuti dallo sfruttamento dei lavoratori e dal numero dei mezzi impiegati che era sensibilmente inferiore a quello previsto da contratto.

Naturalmente, l’esiguo numero di mezzi sanitari presenti sul territorio comprometteva l’efficienza dei soccorsi a disposizione della collettività”.

“Inevitabili i disservizi conseguenti. Infatti, già dai primi mesi di operato, la qualità del servizio richiesto dall’appalto era molto al di sotto di quanto pattuito, creando numerose e continue inefficienze unite a sensibili ritardi e mancate prestazioni sanitarie, spesso confermate anche dalle segnalazioni pervenute dai pazienti trasportati e dai medici in servizio presso i presidi ospedalieri”. 

Gli appalti venivano ottenuti anche a scapito della sicurezza dei trasportati in ambulanza: così, secondo la Gdf, la cooperativa First Aid One, si aggiudicava appalti in tutta Italia “con conseguenti gravi disservizi”. Dalle videoriprese effettuate in alcune ambulanze, è risultato che venivano raramente eseguite le sanificazioni prescritte dopo il trasporto di ogni paziente soprattutto in tempo di pandemia: “in una delle ambulanze monitorate, in 20 giorni di lavoro con trasporto di 92 pazienti è stata sanificata solo in 4 occasioni mentre un’altra, in 9 giorni di servizio ed 86 pazienti trasportati, è stata sanificata un’unica volta”.

First Aid One è una azienda che fa discutere. Le sigle sindacali CGIL-CISL-UIL hanno più volte segnalato e situazioni di irregolari che hanno portato a vertenze individuali rispetto a First Aid One, che, per arrivare a un’offerta con un ribasso di oltre il 25%, avrebbe quindi indicato costi del lavoro dei dipendenti molto inferiori ai minimi sindacali e avrebbe costretto i lavoratori a prestare anche attività come volontari.

A questo si aggiunge anche il fatto che, durante il periodo pandemico, è risultato che l’azienda non sanificasse i mezzi dopo l’utilizzo, esponendo a enorme rischio non solo gli operatori, ma anche i passeggeri di età avanzata e più deboli rispetto alla malattia.

“Fino alla fine del gennaio 2021 il servizio era svolto da realtà del territorio, come Croce Verde, Croce Rossa e Pubblica assistenza di Castelnovo Sotto” spiega il consigliere di Coalizione Civica, Dario De Lucia “Per l’appalto si sono fatti avanti due soli pretendenti: First Aid One di Pesaro, appunto, e Associazione volontaria pubblica assistenza Croce Maria Bambina di Milano (che è sempre controllata da persone di First Aid One)”.

“First Aid One ha vinto l’appalto al massimo ribasso con una tariffa di 20,90 euro a trasporto, una cifra talmente sotto soglia che è inspiegabile come possono tenere attivo il servizio, pagare adeguatamente i lavoratori e mantenere standar qualitativi adeguati.“

Già alle prime vicende giudiziarie De Lucia e Aguzzoli avevano presentato domande puntuali su questa azienda, fino alla commissione del 15 aprile, dove si era chiesto se fosse non fosse ipotizzabile una revisione della aggiudicazione viste i pronunciamenti delle procure.

La risposte fu negativa e venne fuori che a First Aid One non è stata chiesta la certificazione antimafia, perché è necessaria solo per appalti di importo maggiore e neanche l’accreditamento della Regione, richiesto solo per le prestazioni ospedaliere e ambulatoriali e quindi non questo servizio di trasporto.

“E’ ovvio che, anche a luce delle novità giudiziarie, non è possibile che ASP Città delle Persone (partecipata del Comune) che già aveva messo a bando al minimo ribasso il servizio, mantenga una collaborazione con società che, dal quel che si legge dagli atti della Procura, non rispetta i dipendenti e mette a rischio la salute delle persone in un periodo così delicato” spiegano i consiglieri di Coalizione Civica.

Abbiamo depositato una interrogazione per sapere la situazione delle sanificazioni dei mezzi usati da First Aid One a Reggio Emilia e se a fronte delle condizioni sopraggiunte dalla Procura di Pavia il Comune ravvede le condizioni per interrompere l’aggiudicazione con First Aid One per l’importante servizio per gli anziani della comunità. Vogliamo nero su bianco una risposta pubblica e ufficiale”.