LE ORDINANZE ANTI GIOVANI

LE ORDINANZE ANTI GIOVANI


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La Gazzetta di Reggio ha ripreso uno scambio di pensieri tra me e Virginio Merola, Sindaco di Bologna sui giovani e vivere i luoghi del centro storico. Il tema era l’ordinanza emessa in maggio dal sindaco di Bologna che impone agli alimentari di chiudere alle 21 e di non refrigerare gli alcolici. Sarà in vigore fino al 31 ottobre 2016, e l’unico modo per ottenere una deroga sull’orario di chiusura è di rinunciare del tutto a tenere alcolici in assortimento

Vi invito a leggere l’articolo di Internazionale “Un’estate bolognese di decoro e birre calde” sul caso della gestione della movida a Bologna e la risposta dell’Assessore Matteo Lepore

Uso l’occasione per fare alcune riflessioni sulle ordinanze che si occupano di giovani e alcool riprendendo alcune posizioni che ho tenuto in Comune a Reggio Emilia.

Bisogna avere chiaro se il problema è l’abuso di alcool o il ritrovo di giovani. Sull’abuso di alcool condivido che c’è un pericolo sociale. Nel complesso, i comportamenti di consumo di alcol che eccedono rispetto alle raccomandazioni per non incorrere in problemi di salute (consumo abituale eccedentario e binge drinking) hanno riguardano 8 milioni e 265 mila persone (15,2% della popolazione, dal 15,9% nel 2013). Inoltre la popolazione più a rischio per il binge drinking è quella giovanile (18-24 anni): il 14,5% dei giovani (21% dei maschi e 7,6% delle femmine) si comporta in questo modo, per lo più durante momenti di socializzazione.

 
Sappiamo però che il proibizionismo ha fallito e vietare l’acquisto di alcool non è la soluzione. E qui mi dovete spiegare perchè se ho più possibilità economiche e sono seduto in distesa o al ristorante posso permettermi di accedere senza riscontrare nessun problema rispetto all’amministrazione comunale.
 
Se invece il problema è il ritrovo di giovani nei luoghi pubblici allora stiamo sbagliando, dico stiamo perchè c’è una tendenza delle città emiliane a creare la contrapposizione “giovani” vs “decoro”. Se il problema riguarda la pulizia dobbiamo mettere cestini e servizi igienici. Se il problema è che ci sono schiamazzi e i residenti entrano in tensione serve definire regole condivise e definire qual’è la destinazione principale del centro storico per l’amministrazione (residenziale? commerciale? culturale?). In molte città europee (consiglio gli esempi della città universitaria di Salamanca in Spagna) ha definito regole più larghe per alcune piazze della città permettendo alle altre zone una maggiore tranquillità. Queste piazze hanno educatori e polizia di presidio oltre a servizi igienici e di pulizia della piazza che gli utenti possono utilizzare. Inoltre propongono attività culturali e ludiche coordinate dall’amministrazione tutte le sere.
 
Abbiamo dentro di noi la cultura del dialogo e delle regole condivise, la cultura della repressione e della generalizzazione (non tutti i giovani sporcano o sono “pericolosi”) non ci appartiene e anzi ci danneggia.
 
Molte città dell’Emilia Romagna e dell’Italia hanno preso questa direzione di punizione verso il ritrovo dei giovani negli spazi pubblici la sera, anche Reggio Emilia in parte, una direzione che trovo la più proibizionista e controproducente possibile. Non si fermano i portatori di comportamenti scorretti a suon di ordinanze generiche da sceriffi che colpiscono tutti. Chiaro che bisogna lasciare puliti i luoghi (dateci bidoni e bagni pubblici), chiaro che bisogna rispettare il diritto al riposo degli altri, ma scoraggiare l’aggregazione giovanile criminalizzando l’alcool è qualcosa di umiliante e indecoroso. Se anche così non fosse questo intento, secondo queste ordinanze se mi siede per terra, senza una pericolosa birra in mano, sono punibile di ammenda per bivacco. Quindi il problema è l’alcool o sono proprio i giovani?

Usciamo da questa impostazione mentale scorretta, la vivibilità e il ritrovo in luoghi pubblici si deve incentivare e gestire in maniera più sana. Decidiamo una piazza o un luogo del centro storico per le attività giovanili, dove gli under 30 possano passare le serate insieme organizzandosi loro stessi gli intrattenimenti.  il costo di attivazione di questo progetto è zero euro, possiamo permettercelo. Lo ripeterò sempre, dobbiamo lavorare sui luoghi più che sugli eventi. Non si crea la socialità con un singolo evento mettendo la persona nel ruolo di consumatore, si crea socialità e una responsabilità collettiva se il luogo in cui ti ritrovi tutte le sere lo consideri (anche) tuo.


Non lamentiamoci delle piazze e delle strade vuote e se l’insicurezza sociale cresce, più che di telecamere io voglio piazze piene di ragazzi e ragazze, non marchiati come “indecorosi” ma considerati e rispettati.
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