Il Giorno del Ricordo e le strumentalizzazioni della politica sulle foibe

Il Giorno del Ricordo e le strumentalizzazioni della politica sulle foibe

In questo momento si sta svolgendo il Viaggio della Memoria di Istoreco, che in cinque settimane porterà circa mille e cinquecento studenti a Praga e Terezin, prolungando un’esperienza ormai ventennale che ha permesso a generazioni di reggiani di visitare i luoghi dei più vasti genocidi e stermini di massa del ‘900. Tragedie immani. E da questo vorrei partire: nessuno deve permettersi di negare una tragedia, e nemmeno di sminuirla.

Le migliaia di vittime italiane delle Foibe che oggi commemoriamo hanno il diritto a una corretta memoria, ed è giusto e doveroso ricordare la loro tragica fine, avvenuta senza particolari colpe se non far parte della comunità italiana in Istria, Dalmazia e Giulia.

Questo aspetto umano, inscalfibile, non deve però allontanarci dalla verità storica, dalle ricostruzioni che per decenni tanti studiosi hanno portato avanti per inquadrare quanto avvenuto nel contesto europeo del periodo. Un contesto in cui va ricordato il ruolo dell’Italia. È surreale doverlo fare, ma a quanto pare necessario. Quella era l’Italia del fascismo arrivato al potere con le violenze, gli assassini, l’olio di ricino, era l’Italia di Mussolini principale alleato di Hitler e del nazismo, era l’Italia dell’imperialismo africano condito di stragi di massa, era l’Italia che nel 1938 non si era fatta molti problemi ad approvare le leggi razziali. Una parte di quell’Italia, dopo l’8 settembre 1943, ha continuato a sostenere Mussolini e Hitler, ha commesso atrocità nella guerra civile, ha collaborato alla cattura e alla deportazione di ebrei italiani. Anche a Reggio, sottolineo: gli ebrei della nostra città vennero catturati da italiani e inviati ad Auschwitz, uccisi al loro arrivo a Birkenau, dopo un viaggio orribile nello stesso treno in cui era caricato Primo Levi.

Ed era l’Italia che aveva voluto espandersi a Est, nel cosiddetto confine orientale, in terre dove da secoli convivevano comunità e culture diverse, spingendo tantissime famiglie a migrare alla ricerca di lavoro e opportunità.

Se non ricordiamo questo quadro, e tutte le complessità di una terra sempre di confine come quella del Carso, non possiamo ragionare correttamente e ad ampio stretto sulla tragedia delle Foibe, che tragedia rimane. Le mistificazioni, le narrazioni artefatte a posteriori, la creazione di “miti” attuata da una certa politica nei decenni, miti senza solide basi storiche, hanno puntato a creare una versione dei fatti decisamente parziale. E che non rende onore alla morte di migliaia di italiani incolpevoli.

D’altronde, è una creazione di quella politica che anche a Reggio non ha mai nascosto nostalgie per quel periodo, che vede come faro quell’Almirante grande sostenitore delle leggi razziali contro gli ebrei. Quella politica che a Reggio ha avuto esponenti coinvolti nelle peggiori trame del dopoguerra.

Cosa c’entra questo con le foibe? Sarà la scontata replica. C’entra eccome, senza la volontà di operare con chiarezza e rispetto della storia, anche questa giornata dedicata a migliaia di persone uccise rimarrà un momento di parte, capace solo di dividere, e di creare altre ferite e lacerazioni.

Sarebbe invece necessario ripartire dalle fonti, dalle ricerche, dalla doverosa differenza fra storia e memoria individuale, legittima, umana, ma che non può sovrastare, appunto la realtà storica. E con queste basi studiare, porsi domande, cercare di chiarirsi dubbi senza prendere verità aprioristiche come oro colato.

Il rischio, altrimenti, è di continuare ad alimentare falsi miti, ricostruzioni parziali, manipolazioni. La foto di fucilazioni che viene spesso usata per ricordare le foibe è quella di un’esecuzione di partigiani sloveni da parti di soldati fascisti. Qualcuno tende a scordarlo, questo errore. Qualcuno sempre pronto a far polemica sulla vicenda.

Un eccellente lavoro di verità è quello da sempre portato avanti dall’Istituto storico del Friuli Venezia Giulia, che ha permesso di cancellare tante false verità.

Loška Dolina, Slovenia meridionale, il 31 luglio 1942. Soldati italiani fucilano Franc Žnidaršič, Janez Kranjc, Franc Škerbec, Feliks Žnidaršič ed Edvard Škerbec, cinque abitanti del villaggio di Dane presi in ostaggio qualche giorno prima. Nell’Italia degli ultimi anni, un’interpretazione frettolosa e “capovolta” di questa foto ne ha innescato la proliferazione virale in rete e sui giornali, sino a farne l’illustrazione per eccellenza di articoli sulle foibe e le vittime italiane della “violenza slava”. (Raccolta fotografica del Muzej novejše zgodovine Slovenije (Museo nazionale di storia contemporanea a Lubiana)

È necessario coltivare questi strumenti di verità, questi anticorpi contro la menzogna storica. Se ciò non accade, ci si ritrova con l’equiparazione fra nazismo e comunismo approvata dal Parlamento Europeo, ennesima strumentalizzazione forzata.

Per tornare a Reggio, senza anticorpi e attenzione, ci si ritrova con un consiglio comunale che sceglie di votare la possibile titolazione di una via a Norma Cossetto senza reali basi e documenti storici.

Per questo, per combattere questo rischio di deriva sempre più forte, sempre più animato da una nostalgia nera che non si nasconde più, iniziative di divulgazione storica sono fondamentali. Così come è prezioso sostenere il lavoro delle scuole, delle associazioni della memoria e degli istituti storici e il loro lavoro contro le illusioni. Nella Reggio Emilia che abbiamo in mente ci sarà un sostegno reale a queste realtà, aprendo non solo oggi ma tutto l’anno le porte di Sala del Tricolore a iniziative come questa.

Perché, come ammoniva Gramsci, “L’illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari”. Noi non vogliamo smettere di essere scolari.

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